Strategie di apprendimento efficace: il problem-based learning

24 Ott 2024 | School

Sono anch’io una ragazza della generazione Erasmus. Una del secolo scorso, ma tant’è.

Ho studiato un semestre a Maastricht, nei Paesi Bassi, e in quell’occasione ho toccato con mano, per la prima volta, una modalità di apprendimento completamente diversa da quella a cui ero abituata.

Una delle prime cose che mi è stata spiegata quando ho messo piede nel dipartimento di economia è stata che all’ Università di Maastricht il metodo didattico utilizzato era il cosiddetto 7 Jumps Method

Questo metodo, mutuato da un’università canadese di cui ora non ricordo il nome, era diventato un pilastro fondamentale di tutte le facoltà, ed era condizione necessaria per ricevere i fondi nazionali dedicati all’istruzione (l’università di Maastricht è infatti pubblica).

L’esperienza è stata incredibile, per vari motivi.

Cominciamo con il dire che ero arrivata in un’Università dove fare l’Erasmus significava studiare molto, oltre che andare a molte feste e viaggiare per l’Europa. 

In più il metodo era completamente diverso da tutto quello che avevo fatto fino ad allora: non lezioni frontali (se non poche lectures), ma gruppi di lavoro guidati da un tutor, in cui era necessario, da subito, interagire con i colleghi di corso, in una lingua, l’inglese, che ancora non possedevo in modo sicuro. 

Dopo le discussioni in gruppo ci aspettava una gran quantità di lavoro individuale, di ricerca e di raccolta di informazioni: non avevamo libri di testo e nessuno trasferiva nelle nostre menti informazioni o nozioni preconfezionate.

Insomma: la lezione la dovevamo fare noi, seguendo il metodo dei 7 salti.

Cos’è il Metodo dei 7 Salti?

Il 7 Jumps Method (Metodo dei 7 Salti) è una approccio didattico che possiamo far rientrare tra le metodologie brain-friendly, quindi allineate ai processi cognitivi e al loro funzionamento durante il processo di apprendimento.

Nello specifico è una struttura di lavoro utilizzata nelle sessioni di Apprendimento Basato sui Problemi (Problem-Based Learning, PBL), che suddivide l’analisi di un problema complesso in sette fasi distinte, o “salti”.

Questo metodo stimola gli studenti a esplorare il problema da diverse angolazioni e a sviluppare autonomamente soluzioni e conoscenze attraverso la collaborazione e il ragionamento.

Le 7 Fasi del Metodo

  1. Chiarire i termini e i concetti: la prima fase consiste nel chiarire termini tecnici o concetti che gli studenti non conoscono o trovano ambigui nel problema presentato. È importante che tutti i membri del gruppo abbiano una comprensione condivisa del contesto.
  1. Definire il problema: in questa fase, il gruppo cerca di definire in modo chiaro e conciso qual è il problema centrale. È un passo cruciale perché la formulazione del problema guida le fasi successive del processo di risoluzione.
  1. Analisi del problema: gli studenti esplorano collettivamente il problema, utilizzando le conoscenze pregresse per identificare gli aspetti principali. In questa fase emergono ipotesi, domande e possibili strade da esplorare per arrivare a una soluzione.
  1. Generare ipotesi e spiegazioni: il gruppo discute potenziali spiegazioni e ipotesi per il problema. Gli studenti sono incoraggiati a pensare in modo critico e creativo, facendo collegamenti tra le conoscenze pregresse e la nuova situazione.
  1. Formulare obiettivi di apprendimento: una volta identificate le lacune nelle conoscenze, il gruppo stabilisce una serie di obiettivi di apprendimento. Questi obiettivi fungono da guida per la fase successiva di studio individuale, dove gli studenti approfondiranno concetti specifici legati al problema.
  1. Ricerca autonoma: ogni studente cerca informazioni aggiuntive, utilizzando risorse come libri, articoli, banche dati o altre fonti pertinenti. Questa fase è fondamentale per acquisire nuove conoscenze che saranno condivise con il gruppo.
  1. Sintesi e discussione: nella fase finale, il gruppo si riunisce per confrontare e discutere le informazioni raccolte. Si esaminano i diversi approcci possibili e si valuta quale sia la migliore soluzione o spiegazione per il problema iniziale. Questo momento di riflessione collettiva consente di consolidare le nuove conoscenze.

Introdurre questo tipo di approccio in un sistema scolastico come il nostro, spesso ancora fermo alla sola lezione frontale (anche se le eccezioni ci sono) darebbe a mio avviso una grande possibilità alla scuola di progettare una didattica funzionale all’apprendimento e basata sui processi cognitivi che caratterizzano il nostro cervello.

Inoltre, partire da problemi concreti aumenta l’interesse – elemento necessario per attivare l’apprendimento – e aiuta nel processo di attribuzione di senso che è indispensabile all’elaborazione attiva e alla memorizzazione a lungo termine dell’informazione.

Immagine di freepik

Sono Claudia e sono una professional organizer

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