Piantare alberi: una questione di organizzazione

6 Apr 2023 | Book Lover, Green Living

Qualche settimana fa ho assistito alla lectio magistralis di Stefano Mancuso su “Il pianeta delle piante”.

Ho una vera e propria passione per il lavoro di Mancuso e ho letto e riletto i suoi libri; alcuni di questi ve li sto consigliando nelle storie di aprile…quindi state sintonizzati!

La lectio è iniziata, in modo provocatorio e interessante, con la precisazione che avremmo parlato di piante e della loro intelligenza e che questa sarebbe emersa – per contrasto – dalla constatazione, invece, della stupidità umana.

Plant blindness

L’argomentazione si è sviluppata dapprima precisando perchè le piante sono importanti e poi analizzando i motivi per cui noi umani le sottovalutiamo.

Partendo da questo secondo aspetto, Mancuso fa riferimento ad una vera e propria disfunzione cognitiva chiamata ‘plant blindness’: cecità alle piante.

Cecità che non sarebbe dovuta all’influenza culturale, ma a veri e propri fattori evolutivi.

L’autore racconta di un test che per anni lui stesso ha proposto ai suoi studenti e che consisteva nel mostrare loro una serie di fotografie il cui soggetto era costituito per la maggior parte da piante con un singolo animale, essere umano, o insetto.

Alla domanda su che cosa vedessero nelle foto le risposte erano sempre riferite all’animale, all’essere umano, all’insetto. Fino al punto di sostenere di ‘non vedere niente’ quando veniva loro mostrata una foto con soli alberi.

Questo perchè il nostro cervello primordiale è stato addestrato a ignorare le informazioni non necessarie alla sopravvivenza e a vedere i pericoli.

Dalle piante dipende la vita

Eppure le piante sono essenziali per la vita sulla Terra!

Se le piante sparissero improvvisamente e l’anidride carbonica trattenuta nei loro tessuti fosse rilasciata nell’aria, la temperatura del pianeta si innalzerebbe a tal punto da non consentire la presenza di acqua allo stato liquido. E la vita sparirebbe.

L’anidride carbonica è uno dei gas serra responsabile del riscaldamento globale, ed è l’impronta che le attività umane lasciano nell’ambiente. 

Abbiamo una soluzione?

La strategia di riduzione delle emissioni di anidride carbonica sembra intelligente, ma sfortunatamente è utopistica. 

Oggi, dato il modello di sviluppo che abbiamo, ridurre le emissioni significa impoverirsi, e chiedere a uno Stato di impoverirsi volutamente è irrealistico

Siamo quindi senza soluzioni? 

Secondo Mancuso, e io condivido in pieno, dovremmo provare ad agire sull’altro fronte dell’equazione: piantiamo alberi per assorbire più anidride carbonica.

Ma quanti alberi servono? Tanti, tantissimi: almeno mille miliardi.

E’ possibile? Sì.

E’ difficile? Sì.

Questione di organizzazione

Tra le maggiori obiezioni che vengono mosse a questa proposta c’è la presunta mancanza di spazio.

E qui la professional organizer tende le orecchie.

Davvero non abbiamo spazio?

Come lo stiamo usando lo spazio al momento?

Ecco il punto: il 50% delle terre disponibili le utilizziamo per l’agricoltura

Ma di questo ammontare la stragrande maggioranza, circa l’80%, è destinata all’allevamento del bestiame e alla produzione di foraggi per il bestiame.

Tra l’altro, da questo 80% di terra dedicata alla produzione animale l’umanità ricava solo il 20% delle calorie.  

Anche qui la professional organizer si mette sull’attenti e riconosce il principio di Pareto utilizzato all’inverso: l’80% delle risorse per ricavare il 20% del beneficio costituisce decisamente una cattiva allocazione delle risorse e non è una strategia orgaznizzativa efficace.

Insomma, riducendo (non azzerando!) la quantità di carne consumata potremmo ricavare lo spazio necessario per piantare alberi senza pregiudicare la possibilità di sfamarci in modo adeguato e soddisfacente.

In conclusione

Organizzare meglio le nostre risorse è quindi la soluzione al riscaldamento globale?

Mancuso è onesto intellettualmente e risponde di no.

Organizzarci meglio per piantare alberi però ci darebbe il tempo, si calcolano circa 50 anni, che oggi non abbiamo, per cambiare radicalmente il nostro modello di sviluppo e iniziare una vera conversione ecologica.

Solo così faremmo forse onore alla definizione di sapiens che abbiamo dato di noi stessi.

La lectio continua su questo punto e suggerisce quale sia il pregiudizo da superare per raggiungere realmente questa conversione.

Ma io mi fermo qui e vi invito a leggere, ad andare ad ascoltare Stefano Mancuso, a riflettere su questi temi e a divulgarli in tutte le forme che riterrete possibili.

Sono Claudia e sono una professional organizer

Ti aiuto a migliorare le tue capacità organizzative attraverso la gestione consapevole di spazio, tempo, energie e denaro


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